Partigiani

1) ARMANDO ARESU
2) SERAFINO DEPLANO 
3) ANTONIO MAXIA 
4) GIOVANNI DEPLANO
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ARMANDO ARESU DI SEUI, 
UN PARTIGIANO GARIBALDINO NEI BALCANI

“Addio Armando. E grazie per i sacrifici e le tante sofferenze da te sopportate per amore di patria e per la libertà. Noi ti siamo riconoscenti”. Sono queste le parole con cui i Partigiani Sardi salutarono nel loro necrologio, pubblicato nelle pagine del quotidiano l’Unione Sarda di sabato 27 maggio 2006, la scomparsa del seuese Armando Aresu, partigiano garibaldino. Si spegneva così questo soldato che all’atto dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e della dissoluzione dell’allora Regio Esercito decise di non arrendersi ai tedeschi e di combattere nei Balcani fino alla primavera 1945, nella gloriosa Divisione partigiana “Garibaldi”.
Armando Aresu fante nella Divisione di fanteria da montagna “Venezia”, nell’ottobre 1940 ebbe il suo “battesimo del fuoco” in Grecia. Terminata la sfortunata campagna greca… “La mia unità invece di essere rimpatriata venne inviata nel Montenegro e nel Sangiaccato a combattere i partigiani titini. – ricorda Aresu – Contro Tito abbiamo combattuto fino all’8 settembre 1943. Il giorno dell’armistizio! In quel periodo io, con la Venezia e la Taurinense, mi trovavo a Berane, nel Montenegro. La guerra è finita,…pensammo. Altroché, fu peggio di prima”.
L’8 settembre 1943 i soldati italiani dislocati sul fronte balcanico erano 340 mila. Le due Divisioni “Venezia” e “Taurinense” furono sciolte e nel dicembre 1943 venne costituita la Divisione partigiana italiana “Garibaldi”, che combatté contro i tedeschi alleandosi con l’Eplj, l’esercito dei partigiani iugoslavi guidato da Tito.
Nel febbraio 1944, Aresu con la sua unità (la II^ Brigata) veniva trasferito in Bosnia-Erzegovina, a piedi in mezzo a due metri di neve.“All’inizio eravamo circa 1.500 uomini. Fummo ridotti a meno di 250 unità. – ricorda – Tra i combattenti, oltre a me, di Seui, c’era anche Serafino Deplano, che morì in Bosnia il 4 aprile 1944. Gli altri compaesani invece riuscirono a rientrare, tra questi Giovanni Deplano e Antonio Mascia”. Dopo il rientro in Patria nel febbraio 1945, i garibaldini continuarono la lotta fino alla completata liberazione dell’Italia. La Divisione partigiana diventò il 182° Reggimento fanteria “Garibaldi”. La nuova unità nacque ufficialmente il 25 aprile 1945, il giorno della Festa della Liberazione dal nazi-fascismo.
Armando Aresu rientrò in licenza in Sardegna il 30 aprile 1945, a bordo dell’incrociatore Montecuccoli: “Quando sbarcai nel porto di Cagliari baciai la terra e ringraziai di essere tornato a casa”. 
(Giuseppe Deplano – copyright © 2012 – riproduzione riservata)



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GIOVANNI DEPLANO DI SEUI, 
UN PARTIGIANO GARIBALDINO NEI BALCANI

Sono passati oltre 70 anni da quell’8 settembre 1943, quando con l’armistizio si ebbe la dissoluzione delle nostre Forze Armate. Lasciate senza più ordini e privi di ogni collegamento con i vertici militari, in fuga verso le aree già liberate dalle truppe alleate nell’Italia meridionale. Tra i soldati che in quel triste momento si trovarono nei Balcani, altro fronte in sui l’Italia si trovava a combattere nel corso della seconda guerra mondiale, ci furono anche soldati seuesi. Tra questi Giovanni Deplano.
“Tito”, così era conosciuto Giovanni Deplano, nasce a Seui, nel cuore della Sardegna, il 14 dicembre 1919. Figlio di Gennaro e di Eleonora Marci.
Primogenito, proveniva da una famiglia agropastorale. Rimase orfano di padre quando era solo un bambino. Non partecipò al suo funerale perché dovette rimanere nei monti a pascolare le pecore, da lì potè scorgere tristemente in lontananza il corteo funerario che passava.
Successivamente si fece “prestare gli anni”, pratica frequente in quel periodo, per poter lavorare in miniera. Quel periodo di duro lavoro nella miniera di Fund’è Corongiu, a Seui, in età adulta gli lasciò in eredità la silicosi.
Nel 1938 decise di dare una svolta alla sua vita e si arruolò volontario nel Regio Esercito.
Il 19 marzo 1940 viene chiamato alle armi e inquadrato nel 57° Reggimento di Fanteria con base a Venezia.
Dopo un periodo trascorso ricoverato in ospedale per motivi di salute, il 10 marzo 1941 rientra in servizio e viene destinato al 410° Battaglione Complementi del Comando Divisione “Piave”.
Dal 27 luglio 1941 viene inquadrato nell’83° Reggimento Fanteria “Venezia”, Secondo Battaglione, Quinta Compagnia.
L’8 aprile 1941 si imbarca nel porto di Brindisi, direzione Albania. L’indomani sbarca a Valona. Ma solo il 15 aprile riesce a raggiungere la sua unità, già schierata sul fronte albanese. In quei giorni era pienamente in corso la seconda fase della campagna greca, che aveva visto l’Italia soccombere, davanti alla forte resistenza delle truppe elleniche, la cui forza era stata ampiamente sottovalutata dai comandi militari italiani e dallo stesso Mussolini. Grazie al determinante aiuto tedesco, con la 12^ Armata guidata dal Feldmaresciallo Sigmund Von List, proveniente dalla Romania e dalla Bulgaria, e dagli aerei della Luftwaffe, che praticamente distrussero il porto del Pireo, le truppe italiane (ampiamente rinfoltite) riuscirono a riprendersi e passarono all’attacco fino al 23 aprile 1941, quando a Salonico venne firmata la resa della Grecia.
Cessata la campagna in Grecia per la Divisione Venezia veniva rinviata in Albania per essere successivamente rimpatriata. Cosa che però non avverrà. Infatti, a causa dei continui attacchi portati avanti dai partigiani titini, l’unità di Deplano venne dispiegata il 26 luglio sul fronte Montenegrino, con base a Colaso.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 buona parte dei soldati italiani inquadrati nelle unità dislocate nei Balcani continuarono a combattere contro i nazifascisti, insieme all’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia, le unità partigiane jugoslave guidate da Tito. Il 2 dicembre 1943, a Pljevna, viene costituita la Divisione partigiana italiana “Garibaldi”.
Nelle file di questa grossa unità partigiana italiana ci furono tanti sardi. Non mancarono però anche diversi seuesi. Fra questi Armando Aresu, Serafino Deplano (che morì in Bosnia il 4 aprile 1944), Antonio Mascia (noto “lampioni”) e il nostro Giovanni Deplano.
Quest’ultimo combattè in questa unità partigiana garibaldina dal settembre 1943 all’8 ottobre 1944. In quella stessa data viene ferito e catturato dai tedeschi a Plievlje.
La sua esperienza prigionia in alcuni campi d’internamento nazisti durò oltre sette mesi e finì l’8 maggio 1945, quando viene liberato dai soldati anglo-americani.
Il 19 maggio s’imbarca nel porto di Ragusa per essere rimpatriato. L’indomani sbarca nel porto di Brindisi e viene sistemato nel Centro alloggio “Sant’Andrea” di Taranto.
Il 26 maggio 1945 viene inviato in licenza illimitata di rimpatrio in attesa del congedo, che arriverà dopo circa sei mesi, il 1 novembre.
Il 3 giugno s’imbarca nel porto di Napoli alla volta di Cagliari, dove arriva il giorno dopo.
Nel corso del secondo conflitto mondiale gli saranno conferite tre Croci al Merito di Guerra, di cui due (12 dicembre 1968, nn. 1621 e 1622) per azioni di guerra (1940-1945) ed una (12 dicembre 1968, n. 1034) per essere stato internato in campo di prigionia in Germania.
Dalla guerra si portò dietro delle schegge in testa, nel petto e nella schiena.
Chiusa questa lunga parentesi in divisa, prima dell’Esercito, poi da partigiano garibaldino, per Giovanni Deplano inizia una nuova fase della sua vita, come civile.
Appena tornato dalla guerra come tutti i reduci ebbe tanti problemi ad ambientarsi.
Sposato con Luigina Lai, avrà sei figli: Mario, Antonio, Ignazio, Maria Carmine, Sergio, Ferdinando.
Dopo un periodo di emigrazione per lavoro, alla fine degli anni ’60 si trasferì con la sua famiglia a Cagliari. Come tanti seuesi si dedicò al commercio, avviando un negozio di generi alimentari in via Lombardia.
Il nipote, l’ingegner Giovanni Deplano parlava spesso col nonno, di cui condivideva il nome. Così lo descrive: “…molto loquace, se stuzzicato sull’argomento della guerra ne parlava per ore, però come sempre accade, le cose venivano solo ascoltate, senza pensare a quanto sarebbe stato bello trascriverle per le generazioni future”.
Sul periodo trascorso in divisa, combattendo sul fronte dei Balcani (Albania, Grecia e Montenegro) sempre il nipote Giovanni ricorda, che non smetteva mai di sottolineare che: “La guerra era molto dura. Anche nel fronte balcanico l’esercito italiano era allo stremo e si moriva di fame. Nel primo periodo lui e i suoi compagni, qualcosa da mangiare la riuscivano a requisire alla popolazione locale, ma alla fine per sfamarsi arrivarono a dover dissotterrare nella notte le patate appena piantate per cibarsene.”
Tra i ricordi di quel triste periodo trascorso al fronte Giovanni Deplano aveva raccontato alla famiglia che, essendo in Iugoslavia la maggior parte della popolazione non cristiana, era usanza diffusa preparare un banchetto per i defunti nei cimiteri. Come si può facilmente immaginare quel cibo venne molto gradito dai commilitoni!
Recentemente, attraverso un’accurata ricerca documentale, il nipote ha anche casualmente scoperto la stesso periodo di prigionia trascorso nei campi di concentramento tedeschi, subita dal nonno mentre combatteva insieme ai partigiani. Una triste esperienza di cui nessuno in famiglia aveva mai avuto sentore.
Giovanni Deplano muore a Cagliari il 29 aprile 1993, dopo una lunga malattia, nell’Ospedale “SS. Trinità”, dove si trovava ricoverato. E’ sepolto nel Cimitero “San Michele” di Cagliari.
(Giuseppe Deplano © 2016)
(La foto è di Giovanni Deplano, suo nipote)





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